C’era una bella atmosfera sabato 7 dicembre all’Hotel Albani di Firenze per la tredicesima edizione di “Calici sotto l’albero”. È stata un’occasione di confronto, di scambio. Il vino, si sa, è lavoro, amore, passione e conoscenza, caratteristiche che i produttori presenti all’evento hanno mostrato nel raccontarsi agli appassionati accorsi.
Duecento i vini da conoscere, capire e degustare. Tre le cantine di cui ho scelto i vini per il mio pranzo di Natale.
Per iniziare stapperò “Tribolo” dell’Azienda Marchesi di Ravarino.
Il nome dice tutto. “La pianta ha acini fitti fitti: rende poco alla raccolta manuale, la diraspatrice si intoppa spesso e in tanto tempo si ottiene poco succo. Le uve vengono vinificate secondo il metodo ancestrale e presenta il caratteristico sedimento che garantisce la naturalezza del processo di vinificazione. Io tengo sempre il fondo della bottiglia tutto per me, lo adoro”, mi ha detto il produttore con il suo accento emiliano, “È ottenuto da uve Trebbiano di Spagna, vitigno autoctono modenese selezionato in Via di Spagna a Castelvetro di Modena nel 1400, storicamente utilizzato all’interno della nostra provincia per la produzione del mosto cotto per l’aceto balsamico tradizionale”. L’ho trovato un vino inusuale, ha una bocca lunga, è elegante, originale. Può andare con il bollito di pollo, i formaggi, i fritti e anche come aperitivo. Era proposto in degustazione con i ciccioli, abbinamento indovinatissimo. A Natale penso di replicare l’esperienza con un apripranzo di focaccia ai ciccioli, prosciutto di Modena DOP e salvia fritta. Ottimo anche il loro lambrusco rosso che abbinerò ai tortellini in brodo.
Degustando, degustando mi sono spostata in Piemonte. Da Neive, chiamata la terra dei 4 vini perché ha 4 Doc, Barbaresco D.O.C.G., Barbera d’Alba D.O.C., Dolcetto d’Alba D.O.C. e Moscato d’Asti D.O.C.G., vengono i vini di Ressia, azienda biologica certificata a conduzione familiare. Il lavoro in vigna ha solo trattamenti di intervento. Ho assaggiato il Barbaresco Canova 2021 , prodotto con uve di tre vigne. Al naso arriva la ciliegia, è pulito, è elegante. Perfetto con la cacciagione. A Natale lo servirò con petto d’anatra cotto in padella e salsa di melagrana.
Per finire mi sono spostata in Veneto. È stato sufficiente un solo assaggio di “Recioto 2021” della Corte Martini , piccola azienda di tre ettari situata a Torbe di Negrar di Valpolicella, per essere conquistata. Nel passato il Recioto era il principe della Valpolicella, prima di essere spodestato dal re Amarone. Se ne hanno tracce fin dall’epoca romana. Il suo nome viene probabilmente dalle “recie”, le orecchie, termine usato per chiamare i grappoletti, in alto sulla pianta, con gli acini più maturi. Le uve, Corvina, Corvinone, Rondinella e Molinara, vengono raccolte a mano e poi fatte appassire in modo naturale nel fruttaio ben areato per quattro, cinque mesi. Quando hanno perso circa metà del peso, è il tempo della pigiatura cui segue la vinificazione con fermentazione alcolica incompleta per mantenere un elevato residuo zuccherino. È un vino rosso, profumato, dolce, che a fine pranzo abbinerò a una selezione di cioccolatini fondenti senza rinunciare a una bella fetta di pandoro. Ma soprattutto, la mattina del 26, proverò a “intuffare” del pane in un bicchierino di Recioto e assaporare una colazione schietta e ruspante. Così faceva il nonno del produttore, alcune mattine, quando ancora i pasti erano semplici e non in balia di biscotti o prodotti processati.