Carezzà bella, in dialetto polesino, significa “bella strada di campagna”. Infatti, appena arrivati in questa azienda agricola biologica, nata nel 1930 nel paese di San Martino di Venezze, nei pressi di Rovigo, si viene subito catturati dalla dolcezza delle strade e dei paesaggi, che richiamano alcune delle pagine più famose di Lord Byron. Il nome di questa strada, che guarda l’orizzonte verso ovest, rivolta verso i suggestivi tramonti del Polesine, col tempo si è italianizzato, diventando progressivamente Carezzabella sulle mappe catastali.
Appena entrati, il benvenuto è dato da una vecchia lavagna scolastica che riporta le caratteristiche che rendono questo luogo unico: la valorizzazione della cultura agricola con attività di fattoria didattica, la coltivazione di frutteto, vigneto e orto in modo sostenibile, la trasformazione dei prodotti della terra in succhi, vino e confetture, la cucina che utilizza il raccolto del giorno in fattoria e le vacanze immerse nella natura.
Una realtà molto articolata, che affonda le radici nel passato: nasce infatti come azienda agricola del territorio, fondata negli anni Venti con il nome di “Il frutteto di San Martino”. Qui il territorio è molto fertile, trovandosi a ridosso del fiume Adige, fertilizzato naturalmente dagli straripamenti nel corso dei secoli: i terreni sono leggeri, con fondo sabbioso, favorendo così la coltivazione degli ortaggi. L’azienda nasce quindi come azienda frutticola, su 150 ettari, con un grande centro di stoccaggio e vendita nei mercati europei; agli albori si trattava di un progetto imprenditoriale all’avanguardia per i tempi, perché rappresentava, in un certo senso, la piazza del paese.
“Una realtà circolare in cui ogni cosa è legata all’altra,” racconta Chiara Reato. Infatti, il luogo ha subito un processo di ammodernamento a partire dai primi anni Duemila, con l’idea di trasformare gradualmente l’azienda agricola in agriturismo e poi in fattoria didattica e agriasilo, per diversificare l’imprinting dell’agricoltore sul luogo, accogliendo bambini dai tre ai sei anni in un’ottica di educazione alle stagioni, a stretto contatto con la natura.
Oggi Carezzabella è certificata biologica e il raccolto viene venduto attraverso la vendita diretta o trasformato in preparazioni in vasetto e prodotti da forno, mentre l’agriturismo offre un servizio di ristorazione dedicato alla stagionalità e alla territorialità.
Negli anni Duemila l’azienda è stata acquistata dalla famiglia Reato, in origine produttori di mattoni, come investimento per sfruttare la sabbia per le fornaci. Chiara e il marito Francesco Favaretto hanno progressivamente deciso di avviare la produzione di vino per uso domestico; la coltivazione dell’uva si è via via riattivata negli ultimi quindici anni, con grande attenzione alla sostenibilità e alla biodiversità, oltre che ai processi produttivi in vigneto e cantina.
Attualmente, sono dedicati a vigneto ben 22 ettari, con varietà come Pinot Grigio, Merlot, Carmenere e Trebbiano. La vera svolta si è concretizzata nel 2020 con l’arrivo del giovane ma intraprendente enologo Francesco Mazzetto, che ha accettato la sfida di valorizzare due vitigni autoctoni, il Turchetta, a bacca rossa, e il Manzoni, a bacca bianca, lavorando sui processi di vinificazione tra cemento e acciaio. Attualmente, sono in produzione sette etichette, tra le quali spiccano una bollicina da Trebbiano e il Pinot Grigio delle Venezie DOC in purezza. Il Manzoni bianco, per le sue caratteristiche, si adatta bene al suolo e al clima, mentre il Turchetta è un vitigno autoctono polesano riscoperto negli anni. Il Merlot, già presente in azienda con vigneti di circa 35 anni, rispecchia pienamente il progetto di valorizzazione, con una produzione di 3.000 bottiglie all’anno.
Il fondo di sabbia silicea è una delle caratteristiche principali dell’azienda, grazie alla vicinanza all’Adige. Inoltre, il terreno sabbioso, molto drenante e leggero, garantisce ai vini eleganza nei profumi e una certa verticalità. Sappiamo bene che da terreni drenanti non ci si può aspettare grande struttura, ma i vini risultano freschi e destinati a durare nel tempo, uscendone in commercio dopo un paio di anni in bottiglia. La produzione si aggira intorno alle 2.000 bottiglie l’anno e nei calici troviamo buoni riscontri di sapidità e mineralità, dovuti al fatto che questi vini, che avranno ancora un’ottima evoluzione, intendono raccontare appieno un territorio che merita di essere conosciuto e valorizzato.
Probabilmente, il motivo per cui il Turchetta era stato dismesso nel tempo è la scarsa resa in termini di produttività. Una storia familiare curiosa avvolge la scelta di impiantarla a Carezzabella: è stata scoperta durante una gita in campagna dal padre di Chiara, il quale, arenandosi con la macchina, fu salvato da un contadino che lo portò nella sua azienda e gli fece assaggiare questo vino, spiegandogli che si trattava di un vitigno autoctono vinificato in modo “ruspante” o dilettantistico. Le barbatelle furono trovate agevolmente, e l’idea di valorizzare il vitigno autoctono portò alla piantagione di quasi un ettaro, divenendo gradualmente il progetto principale dell’azienda. Una delle caratteristiche di questo vitigno è la presenza di note di rusticità, accompagnate da un’estrema complessità, con sentori che spaziano dal sottobosco al fiore e al frutto; è inoltre un vitigno molto particolare, che nel blend marca fortemente, aspetto che trova riscontro nel cambiamento climatico, giacché gli autoctoni stanno maturando in modo sempre più preciso.
Il Manzoni bianco ha genitori nobili, come il Pinot Bianco e il Riesling, e viene coltivato su terreni argillo-calcarei. La sfida dell’azienda era proprio quella di vedere la sua evoluzione su sabbia di origine silicea, simile a quella presente nel fondovalle della Val d’Adige e quindi nei terreni del Trentino; possiamo quindi notare che, quando si parla di fiumi, il terroir viene trasportato dalle acque.
Abbiamo iniziato la degustazione con Brillo, un bianco frizzante realizzato con metodo sur lie, caratterizzato da note citriche e agrumate: al naso risaltano subito i fiori gialli e la mela renetta. L’acidità è intensa ma piacevole, le bollicine persistenti. La nota sapida, derivante dalla sabbia, è accattivante. Inizialmente veniva realizzato al 100% con uve Trebbiano, mentre adesso siamo su un 85% Trebbiano e un 15% di Pinot Grigio. La vinificazione è abbastanza classica, in bianco, a temperatura controllata, con un po’ di macerazione a freddo, per poi proseguire con una fermentazione di circa 12 giorni e un conseguente elevage sur lie per la base spumante. Successivamente, viene effettuata una classica aggiunta di lieviti e mosto concentrato nel vinificato, per poi arrivare, a temperatura controllata, a una bolla di circa due atmosfere e mezzo. Si tratta di un metodo familiare, perché di fatto viene aggiunto il dosaggio che la famiglia desidera. L’etichetta è giocosa e presenta delle piccole zanzare, una “presenza” tipica del territorio polesano, specialmente durante l’ora dell’aperitivo.
Il secondo vino assaggiato è il Pinot Grigio delle Venezie, 100% Pinot Grigio, l’unica DOC dell’azienda, realizzato con vendemmia manuale. Si presenta caratterizzato da note di acacia e frutta a polpa bianca come pera e mela golden, oltre che per la spiccata mineralità. Per questo vino, il processo di vinificazione inizia con diraspatura e pressatura diretta, per proseguire poi con la sedimentazione statica a freddo e la fermentazione a temperatura controllata in vasche d’acciaio inox. La maturazione avviene in acciaio sui propri lieviti, mentre l’affinamento è in bottiglia.
Proseguendo con il Manzoni bianco I.G.T., notiamo che è un bianco espressivo e piuttosto complesso al naso, grazie alla microssigenazione controllata che ne esalta l’apertura; ha un buon carattere, sprigionando profumi di rosa e frutta a pasta gialla, come pesca matura, pera Williams e ananas, oltre a sentori di timo e salvia. Strutturato e persistente al palato, ha un finale marcatamente sapido. La vinificazione avviene tramite diraspatura e pressatura diretta, proseguendo con sedimentazione statica a freddo, fermentazione a temperatura controllata in vasche di acciaio inox e maturazione in acciaio sui propri lieviti.
Il quarto vino assaggiato è Rosa, il Merlot Veneto I.G.T., un vino frizzante ottenuto dalla spremitura soffice delle uve Merlot, dotato di una forte identità salina e di persistenti note vegetali, accompagnate da una spiccata presenza di frutti rossi e ciliegia. Corposo in bocca, sul finale rivela una sapidità interessante. La raccolta avviene manualmente, con diradamento qualitativo di circa il 40% dell’uva sulla pianta. Il procedimento di vinificazione si realizza attraverso diraspatura e pressatura diretta, con sedimentazione statica a freddo e fermentazione a temperatura controllata in vasche d’acciaio inox. La maturazione prosegue in acciaio sui propri lieviti, per ottenere una pressione di due atmosfere. Per l’etichetta è stato scelto il pesce gatto, caratteristico dei fiumi Adige e Po.
Passiamo a Temetum, un blend di Cabernet Franc, Merlot e Turchetta. Il nome deriva dal latino e significa “vino puro”, ed è caratterizzato dalla persistente identità salina. Al palato risulta fresco, con una tannicità non invadente, e al naso prevalgono note di frutta rossa poco matura, fiori d’arancio e sottobosco, tra cui amarena e ciliegia. La vinificazione avviene tramite diraspapigiatura, fermentazione e macerazione a temperatura controllata tra i 25° e i 28°, con sosta sulle bucce per circa 14 giorni. La maturazione avviene in cemento e l’affinamento in bottiglia. Sull’etichetta è presente la gallina ermellinata di Rovigo, una razza autoctona con piume bianche puntinate di nero.
Il sesto vino degustato è il Merlot in purezza, caratterizzato da tannini sapidi ed eleganti. Le vigne di Merlot sono le più anziane dell’azienda e recentemente sono state riconvertite a cordone speronato. Al naso prevalgono la mora e il gelso, ma sono presenti anche note erbacee. La raccolta avviene manualmente e il processo di vinificazione passa attraverso diraspapigiatura, fermentazione in cemento non vetrificato a temperatura controllata di 20°-24°, con sosta sulle bucce di 21 giorni, per poi passare a una maturazione in botti di acciaio inox e infine in bottiglia. Gli aironi sono i protagonisti dell’etichetta, così come delle campagne che circondano l’azienda, contraddistinte dalla combinazione di acqua e terra.
Concludiamo con il Turchetta. Il grande lavoro di valorizzazione del vigneto autoctono ha permesso di realizzare un vino ben bilanciato, che al naso presenta frutti a bacca scura come la mora, ma anche sentori di cacao e leggere note di fogliame e spezie. La struttura è buona e in bocca è molto avvolgente, così come la tannicità, rendendolo un vino adatto all’invecchiamento. La vinificazione avviene attraverso diraspapigiatura, proseguendo con fermentazione a una temperatura che oscilla tra i 25° e i 28°, con sosta sulle bucce per 21 giorni. La maturazione avviene in cemento e l’affinamento in bottiglia.
Non mancheremo di tornare a fare visita a Carezzabella per raccontarvi le sue evoluzioni, che siamo convinti saranno da seguire e narrare.