È stata una splendida occasione di convivialità quella svolta il 3 ottobre presso l’Osteria Pratellino di Firenze: alla vera cucina toscana di Matteo Caccavo, cuoco schivo ma bravissimo, si sono accompagnati i vini dell’ antica Tenuta Poggio alle Monache. Situata in uno dei più ammalianti paesaggi delle Crete senesi, l’azienda è gestita da Alessandra Giardi e dal marito Alessio Magi. A dialogar con loro e a presentare magistralmente i vini, con note geografiche, tecniche e storiche, il giornalista Milko Chilleri.
Nella sala si è creata subito un’atmosfera piacevole. Francesco Carzoli, oste attento alla tradizione e alla qualità, ragguagliava gli ospiti sugli ingredienti per poi magari confidargli una ricetta. Ci si scambiavano commenti da tavolo a tavolo e oserei dire che per una sera quasi non sembrava di essere a Firenze, dove, è noto, l’espansione e la condivisione non sono di casa.
Partecipare a una cena di questo tipo è come fare un piccolo viaggio nel gusto, lasciarsi andare, assaggiare, assaporare e sentire con il palato e il cuore se l’abbinamento proposto ci conquista. Un’orgia di sapori in cui talvolta emergono note inattese del vino o del cibo, costante occasione di confronto e scambio.
Come antipasto sono stati serviti dei fegatelli al finocchietto accompagnati dall’ evocante Rosa Briosa, un ancestrale, vino solitamente non facile, non adatto a tutti i palati, ma davvero ottimo. Di colore rosa antico, con sedimenti residui dei lieviti, ha bolle naturali e suggerisce, al naso, crosta di pane e gradevoli note di corbezzolo pungente. Al gusto risulta cremoso, bilanciato.
A seguire, in un bel piatto a cappello di prete, l’acqua cotta, ricetta della Bassa Maremma, abbinata ad un bianco, il Naviglio. Vermentino in purezza, color giallo paglierino con riflessi verdognoli. Al naso evoca cappero e frutti tropicali, al gusto è fresco, sapido con una mineralità data dal territorio alcalino.
Il risotto al tartufo era a dir poco eccellente. Un piatto rotondo, grasso, autunnale, con cui Axianum, vino rosso del 2022, uve Canaiolo in purezza, si è fuso a meraviglia. Al naso il vino risulta semplice, speziato, e mi ha magicamente portato indietro nel tempo, al sapore del seme di coriandolo dei confetti “brignoccolosi” di Pistoia. Grandissimi, bernoccolosi, appunto, li mangiavo da bambina e arrivare al cuore speziato che ne riposava all’interno era una conquista lenta e dolce.
Il Corale, cavallo di battaglia della Cantina Poggio alle Monache, Syrah al 100%, ha avuto il compito di avvolgere il gusto del cinghiale in dolce forte, realizzato con l’agresto. Fa davvero piacere avere la possibilità di assaggiare ingredienti rari che tanta ristorazione ormai massificata non propone più.
E mentre si assaporano le carni e il vino sentiamo la storia che dialoga: da una parte l’agresto, succo ottenuto dalla spremitura dell’uva mai maturata, e dall’altra le barbatelle del vitigno Syrah portate dalla Terra Santa per mano di un crociato francese fino alla Valle della Loira.
Al termine delle portate salate, sono stati serviti i teneri ricciarelli fatti a mano. Sicuramente abbinarli con il Gin Dry Castelgreve è stato un food pairing azzeccatissimo. Le noti del dolce e della mandorla si arrendono al cospetto del superalcolico. Molto interessante parlare con l’ideatore di questo gin, Damiano Guidarelli, delle 18 botaniche, tra cui spiccano naturalmente il ginepro, presente in alta percentuale, e la salvia.
E per la gioia di chi vorrà intraprendere questo viaggio sensoriale, ricordiamo che il Gin Dry Castelgreve accompagnerà i dolci di tutte le serate, compreso il bongo che sarà servito il 31 ottobre, prossimo appuntamento di “A tavola con il produttore”.