“Il tappo a vite è stata per me una liberazione!” Esordisce così Graziano Prà, fondatore dell’omonima azienda. “Credo nella vite, anche quando si tratta del tappo. Vidi il tappo a vite su una bottiglia di vino per la prima volta negli Stati Uniti oltre 20 anni fa, grazie a un produttore neozelandese, e fu allora che iniziai a riflettere su questa possibilità” racconta il titolare durante una presentazione alla stampa, che si è svolta di recente presso il ristorante Konnubio di Firenze.

Oggi l’azienda produce 400.000 bottiglie, di cui circa 338.000 di Soave Classico DOC, con quattro diverse interpretazioni. Un vino iconico della provincia di Verona, a base di uva garganega, che cresce su terreni di basalto nero, di origine vulcanica. Grazie a questa tipologia di suolo, il vino che ne deriva si caratterizza per spiccata freschezza, mineralità e profondità di sorso, oltre ad una inaspettata longevità, non scontata per un vitigno a bacca bianca.

Dal 2016 il disciplinare di produzione ha esteso la possibilità di utilizzo del tappo a vite anche per i Soave della zona classica, non solo per il generico Soave DOC (prodotto nelle zone pianeggianti, sotto le colline dell’area storicamente vocata, “classica” appunto). Secondo il produttore, oggi i suoi vini sono migliori di quando li ha imbottigliati, proprio grazie all’uso del tappo Stelvin. Con questo sistema, infatti, si parla di circa 0,03 mg di ossigeno al giorno che entrano in contatto con il vino: una chiusura quasi ermetica, che consente una lentissima ossidazione del vino, quasi impercettibile, aumentandone così la longevità.

Assaggiando il vino, che subisce piccolissime variazioni nel tempo, si registrano sensazioni positive che cambiano anno dopo anno, evitando ossidazioni violente che, invece, procura il classico e tanto discusso tappo in sughero. La scelta del tappo a vite si dimostra anche rispettosa per il vino che contiene e per il cliente: comprare una bottiglia di Soave con il tappo a vite, infatti, significa essere certi di non correre rischi, garantendo così affidabilità per tutta la filiera. Rappresenta, inoltre, una scelta ecologica molto importante per l’ambiente: l’alluminio è un materiale riciclabile al 100% e può essere riciclato all’infinito.

Ma veniamo alla degustazione dei 3 Soave Classico.

Staforte Soave Classico DOC 2016 (magnum): etichetta nata nel 2004, è frutto della selezione delle vigne di garganega poste in collina. Il vino vede un affinamento in acciaio sulle fecce fini con frequenti batonnage che arricchiscono il sorso di una raffinata complessità e profondità aromatica.

Monte Grande Soave Classico DOC 2017 (70% Garganega – 30% Trebbiano di Soave) nasce da un cru, il vigneto storico della famiglia, ampliato con l’acquisto di altri cinque ettari vicini.
Questa etichetta è stata protagonista della comparazione delle due differenti chiusure.

Tappo in sughero: il giallo paglierino dorato spicca maggiormente nel calice; l’approccio è più rotondo e largo, su note di camomilla e mandorla, decisamente più evidenziato dall’evoluzione in bottiglia.
Tappo a vite: di colore più tenue su sfumature delicate, è netta la verticalità anche al naso con richiami sulfurei e agrumati, coerenti nel sorso dalla spiccata salinità. Complesso, cremoso e leggiadro.

Si evince concretamente, quindi, che le due diverse tappature di un identico vino della stessa annata, si presentano con caratteri peculiari distinti ma in egual modo affascinanti. Forse è davvero questa la strada da intraprendere per il prossimo futuro dei grandi vini italiani che hanno le carte in regola per un lungo, lento affinamento, evitando qualsiasi rischio di contaminazione sgradevole che ne precluda la longevità.