È di queste ore la notizia che il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con l’assistenza dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, ha deciso di celebrare la ricca tradizione enogastronomica della Toscana con una nuova moneta. E quali sono i prodotti scelti per rappresentare l’eccellenza toscana? Il Vinsanto e i Cantucci. Ma prima di esaltare il gesto con toni trionfalistici, è giusto porsi una domanda cruciale: sono stati interpellati i produttori di Vinsanto, una DOCG che incarna la quintessenza della regione?

Il Vinsanto, questo nettare prezioso, è da sempre il vino dell’accoglienza, quello che i contadini toscani offrivano generosamente dalle prime ore del mattino fino al tramonto, un po’ come oggi si offre un caffè. Questo “gioiello” enologico, prodotto in quantità limitata e gelosamente custodito, viene servito in piccoli bicchieri di vetro, con una tradizione che anticipa l’idea moderna dell’aperitivo. I Vinsanti, ottenuti principalmente dalle uve Malvasia e Trebbiano, si accompagnano perfettamente con cibi semplici e saporiti, eppure oggi sembra che la loro storia venga tradita.

Come si può concepire che la scelta di celebrare il Vinsanto e i Cantucci con una moneta rappresenti esattamente ciò che molti produttori vorrebbero evitare? Alcuni di loro, lungimiranti e rispettosi della tradizione, hanno persino inserito l’etichetta “Divieto di Inzuppo” per preservare l’integrità del prodotto e restituirgli la nobiltà che merita. È il paradosso di una moneta che, pur di celebrarlo, sembra volerne sminuire la storia e il valore.

E così ci si interroga: quale distorsione della realtà ha portato a creare una moneta che, invece di esaltare, sembra sbeffeggiare un prodotto così emblematico della nostra cultura? Se le istituzioni non sono in grado di tutelare le nostre eccellenze, ci chiediamo: chi lo sarà? La risposta sembra ormai chiara: non possiamo contare su nessuno se non su noi stessi per preservare e celebrare le vere tradizioni della nostra terra.