Mi sento fortunato ogni volta che mi imbatto in un vino che non solo delizia il palato, ma racconta anche una storia antica, radicata nel territorio stesso. La Malvasia Bianca Lunga è uno di quei tesori toscani che mi riempie di emozione ogni volta che lo assaggio.
Da secoli, questo vitigno ha fatto parte del tessuto stesso della viticoltura toscana, tanto che persino il barone Francesco Ricasoli lo ha incluso nella ricetta tradizionale del Chianti. Ma oggi, con un po’ di malinconia, devo ammettere che la Malvasia rischia di scomparire dalle nostre campagne. La sua richiesta è in calo e richiede un’attenzione particolare, essendo un vitigno sensibile a malattie e parassiti.
Tuttavia, incontrare persone come Stefano Mantellini dell’azienda Campo del Monte, che non solo apprezzano questo tesoro enologico, ma producono anche interpretazioni straordinarie, è sempre un momento da celebrare. La Malvasia è parte integrante del nostro patrimonio viticolo, e come il Trebbiano, richiede solo di essere compresa e valorizzata.
Ogni sorso di Malvasia è un viaggio attraverso secoli di tradizione e passione enologica. Questo vino ci accoglie con un paglierino intenso e riflessi dorati, anticipando un bouquet delicato, con profumi di fiori gialli, elicriso e accenni di curcuma che si mescolano armoniosamente con note di incenso, miele e nocciole. In bocca, la sua eleganza snella e asciutta ci sorprende, con un ritorno dei fiori e una dolcezza sottile di camomilla. È un vino che si sposa magnificamente con antipasti profumati, regalandoci un assaggio dell’autentica bellezza della Toscana.
W la Malvasia e la Toscana