È stato presentato in anteprima alla stampa lo Spumante Metodo Classico Rosé Villa Saletta. Ho avuto il piacere di degustarlo al Picteau Bistrot & Bar di Firenze, con una vista privilegiata su Ponte Vecchio. Servito in un calice dall’ampio bevante, mi ha subito conquistata per il suo perlage fine e molto sensuale, per la limpidezza e una bella nuance ramata.

Al naso è risultato piacevole e complesso, con sentori di mele Francesca, antica varietà toscana. Frutti croccanti che amo mangiare ancora acerbi dal mio albero in campagna. Al  gusto è secco, fresco, irrinunciabile. La bolla è setosa. Reca con sé il sapore di un mare antico, memore del luogo dove crescono le uve Sangiovese con cui è interamente fatto: un terreno sabbioso con conchiglie fossili, tanto da sembrare rena di fiume, sotto cui riposa l’argilla blu.

Più in profondità si trova l’acqua, ad alimentare le lunghe radici. Siamo a Palaia in provincia di Pisa, sulla strada verso San Gimignano. Oltre 1400 ettari tra boschi, ulivi, vigne, coltivazioni, in un entroterra esposto all’influenza del mare e alla sua brezza costante. Questo spumante lo immagino abbinato a crudi come gamberi rossi, spigola o tonno, da gustare in una sera d’estate al porto o in barca. Per accompagnare la degustazione di presentazione, sono stati serviti eleganti canapè e pinsa in più versioni, classica, con finocchiona, con vitel tonné, con burrata e salmone affumicato. Ingredienti ottimi e ben indovinati per questo millesimato 2018, frutto dell’intraprendenza di David Landini, General manager e capo enologo di Villa Saletta. Nella azienda dal 2015, forte di prestigiose esperienze alle spalle, rispettoso delle tradizioni e del territorio, è un’anima propulsiva e innovatrice, la cui passione per il lavoro trapela da ogni sua parola.

“Il prossimo anno sarà ancora piu buono”, ha commentato, fiero del risultato, suo e di tutta la squadra di Villa La Saletta, “non è un vino duro, però si ammorbidisce, il Sangiovese ha bisogno di volume”. Quando è arrivato alla tenuta, l’enologo ha trovato una base spumante stimolante, secondo il gusto e la filosofia della proprietà. Era dosato e non millesimato. La prima spumantizzazione risaliva al 2006 e poi al 2014, annata favorevolissima per i vini bianchi e rosa. Landini ha deciso di fare un Pas Dosé, segnando un cambio di stile grosso per l’azienda. “Un’annata equilibratissima, quella del 2018, con piogge regolari. Per lo spumante, a ogni raccolta, ci sono due selezioni.

Prima si fa la pulizia del vigneto, poi segue la vendemmia vera e propria verso il venti di agosto  per mantenere l’acidità e la verticalità.  La sboccatura è manuale, tutta gestita internamente con il cantiniere che gira le bottiglie sulle pupitre”. Se il 2015 e il 2016 si sono rivelate annate buone per i rossi, nel 2017 la gelata ha compromesso il raccolto. Il 2018, invece, è stato perfetto per creare questo spumante. Rispetto alla produzione del 2014, Landini ha allungato i tempi sui lieviti e ridotto le bottiglie a 10.000. Cinque anni, dunque, più l’affinamento in bottiglia. “Anche quest’anno sarà buono per i rosati”,  anticipa, “c’è vigore, le bacche sono numericamente meno del solito ma a livello agronomico è meglio, circola più aria”.