Negli ultimi mesi sono emersi diversi spunti di analisi circa i criteri di rappresentanza dei Consorzi di tutela e la relativa burocrazia che li accompagna. Il Ministro delle politiche agricole Gian Marco Centinaio nel corso dell’assemblea di Novembre 2021 della FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) ha chiesto una maggiore rappresentatività nei Consorzi di Tutela. Ha evidenziato la priorità di ridefinire il criterio di rappresentanza nei Consorzi attualmente in vigore, richiedendo urgentemente di modificarlo, per permettere a tutti i protagonisti di far sentire la propria voce.
La normativa vigente stabilisce che i voti siano attribuiti in funzione della produzione vitivinicola (quantità) dell’anno precedente, senza tenere conto di quanti siano i produttori che effettivamente compongono un Consorzio (si dice che spesso pochi decidano per tanti).
“Nel nostro Consorzio la rappresentatività, nel rispetto delle leggi vigenti, è data dalla produzione che ogni socio ha avuto nell’annata precedente e su questo dato viene anche calcolata una quota sociale che è diversa per ogni socio.” – dichiara Marco Ferretti, presidente del Consorzio Colli Fiorentini – “Nel Consiglio le decisioni che vengono prese con votazioni a persona e i Consiglieri sono tutti produttori con aziende con produzioni diverse per quantità.
Le decisioni più importanti sono portate in assemblea dove, visto l’armonia di intenti, il più delle volte votate dai presenti in maniera uninominale. L’iscrizione al Consorzio è aperta a chiunque utilizzi la denominazione specifica Chianti Colli Fiorentini nei tre ambiti e cioè la produzione di uva, la trasformazione in vino ed il confezionamento dello stesso. In questo momento tutti i soci sono produttori diretti: oltre a questi, è presente la cantina sociale dei Colli Fiorentini, tutti con l’intento di valorizzare il nostro territorio in primis”.
In merito alla normativa, è stata anche richiesta una semplificazione della burocrazia, da voi com’è la situazione burocratica?
“Certamente la burocrazia nel mondo del vino è abbastanza oppressiva, i controlli con registri vari sono diversi (SIAN, TCA, biologico…) e quindi i tempi che molte volte servono per compilare i registri stessi sono ingenti. Oppure bisogna avere dei programmi gestionali che riescono a gestire alcuni registri, questi hanno costi importanti per aziende di piccole dimensioni come sono per lo più le nostre.” – prosegue Ferretti
Parlando di vitigni resistenti (PIWI), il Prof. Attilio Scienza suggerisce di iniziare ad utilizzarli nelle produzioni degli IGT, per un massimo del 15%, in modo da verificarne i risultati e spianare la strada, un domani neanche troppo lontano, per utilizzarli nei vini DOC. In Toscana a che punto siamo? Il Consorzio Colli Fiorentini che opinione ha sulla possibilità di introdurre i vitigni resistenti anche per i vini a denominazione, viste le imminenti problematiche dovute al cambiamento climatico?
“Credo che la scienza debba aiutarci a produrre sempre meglio senza stravolgere in maniera non etica il lavoro che facciamo nei nostri campi e nelle nostre cantine. L’utilizzo dei vitigni resistenti, che consiste nel produrre piante di vite con incroci successivi, può essere una forma molto interessante di produrre in maniera sempre più “pulita” l’uva per il vino. Ho la speranza che le sperimentazioni su ibridi di Sangiovese possano essere presto registrati così da essere poi utilizzati nelle nostre vigne ed essere svincolati anche all’utilizzo all’interno delle denominazioni di origine.” conclude Ferretti
Il futuro della viticoltura passa anche dai vigneti resistenti, vediamo cosa succederà.