Perché Nord. A volte ci figuriamo, nel nostro immaginario collettivo, il Nord come un posto freddo, magari distaccato, poco incline alla convivialità. Perché Nord, un viaggio entusiasmante, condotto in maniera magistrale da Alessandro Masnaghetti e fortemente voluto dalla Associazione San Casciano Classico, per illustrare le caratteristiche importanti della zona più a nord della denominazione del Chianti Classico, accompagnata in questo percorso da un’altra zona a nord di una denominazione altrettanto importante, Verduno della denominazione del Barolo.
Parlo spesso di “viaggio” quando mi occupo di resoconti di vino, mi piace, da sempre, immaginare il mio avvicinarmi al vino come ad un percorso, quasi vacanziero, spensierato, pieno di curiosità.
Qualche volta alcuni viaggi assomigliano a scampagnate, altre volte sono tour-de-force, talvolta ti lasciano dentro il desiderio di tornare, molte volte il desiderio che prevale è quello di continuare ad esplorare zone sempre nuove. Ma oggi, quello che meglio descrive lo stato d’animo vissuto in questa giornata è quello dell’entusiasmo di un bambino.
Quello che è emerso dall’incontro che si è svolto presso Villa Le Corti a San Casciano è la forte necessità che ogni territorio ha di cercare di conoscere la propria storia, i propri caratteri distintivi che nascono da esperienze collettive, un “savoir faire” comune che non puoi ignorare, neppure se lo vuoi.
Ebbene, questo è e deve essere il concetto di collettività che si riconsoce in una determinata zona, o sottozona, o Unità Geografica Aggiuntiva (come la Comunità Europea ci ha imposto di chiamare queste realtà).
E’ da qui che si deve partire, è il primo passo per conoscere, comprendere, che le peculiarità comuni di un vino di una certa zona, non nascono tanto da caratteristiche geografiche o naturali (che comunque sono importanti – ma lo sono meno in un territorio così variegato come il nostro), ma da comportamenti umani comuni, pratiche vitivinicole, stili, metodologie di lavoro, che in una certa zona vengono influenzate da componenti storiche o anche solo, banalmente, da abitudini comuni date dalla vicinanza e dalla conoscenza che tale vicinanza porta.
Scorrono le slide piene di riferimenti geografici e geologici, ma più di tutti scorre e viene percepita, compresa, questa enorme passione e volontà di trasmettere un messaggio positivo, di cui tutti noi dovremmo farci carico.
Tornando alla nostra zona, San Casciano, il nord della denominazione del Chianti Classico, terreni di origine fluviale, altitudine media delle vigne, senza grandi differenze, intorno ai 300 metri slm, omogeneità territoriale molto più marcata che in altre zone del Chianti Classico (basti pensare alle enormi differenze altimetriche che si trovano nella zona di Greve): sono le condizioni ideali per poter parlare di zonazione, ma questa, come detto sopra, deve sempre partire da una volontà comune di fare territorio.
La fortuna della sua posizione a nord, nonostante temperature medie più elevate rispetto ad altre parti del Chianti Classico, potrà rappresentare una opportunità nel futuro, ma anche nel presente, dato il repentino aumento di temperatura dovuto ai ben noti cambiamenti climatici.
Ne ho parlato, al termine della rassegna, con Antonio Nunzi Conti, presidente della Associazione San Casciano Classico – “Il futuro di questo territorio è legato a noi produttori, alla capacità che avremo di lavorare su i nostri vini” – racconta Nunzi Conti – “credo che San Casciano abbia fatto in questi ultimi anni, grandi passi avanti, ci sono produttori nuovi, giovani e stimolati nel fare sempre meglio. Quando è nata l’associazione la primissima cosa che abbiamo fatto è stata quella di riunirsi intorno ad un tavolo ad assaggiare i nostri vini. Questo è stato fondamentale per cercare quegli elementi di unione che contraddistinguono il nostro territorio.”
E sempre a proposito di questa nuova volontà di creare e soprattutto saper illustrare una identità culturale comune, viene presentata la nuova “bottiglia del territorio”, realizzata dalla vetreria Etrusca dietro la ferma volontà dell’associazione.
Classica bordolese di medio peso (500 grammi) presenta la personalizzazione a rilievo con la scritta San Casciano Classico sul fondo della bottiglia e sul collo.
Il nostro percorso comunque prosegue piacevole e si sposta dalle dolci colline del Chianti verso i paesaggi più frastagliati del Barolo e nello specifico della zona di Verduno. Ci accompagnano 6 vini durante questa mattina, dove Masnaghetti continua a guidarci con consueta abilità. Tre sono i vini di San Casciano, tre sono i vini di Verduno.
Concludo la mattinata con due domande al padrone di casa, che con grande gentilezza ci ha aperto le sue porte: il principe Duccio Corsini.
“San Casciano è uno dei comuni che fino a 10 anni fà era conosciuto più per la qualità dell’olio prodotto che del vino” – racconta Duccio Corsini – “lo considero il cuore del meglio dell’olio toscano, questo si riflette anche sul numero di frantoi ancora presentei su questo territorio. Negli anni alcuni produttori si sono trasformati, penso ad Antinori che prima comprava vino oggi sono grandi produttori di vigneti, ed hanno una cantina meravigliosa proprio qui al Bargino. E poi ci siamo noi che dal 93 abbiamo ripreso in mano la nostra produzione, ed insieme a tutti gli altri produttori lavoriamo insieme su l’identità del territorio, la bottiglia come cartolina del nostro luogo. Nel conoscerci e condividere abbiamo scoperto tante cose naturalmente comuni, su tutti un clima che ci spinge a fare le operazioni più o meno negli stessi tempi.”
Mi piace infine soffermarmi su un pensiero ad alta voce, uno scambio di opinioni avuto con un amico, professionista ed enologo, sollecitati dalle riflessioni che mi son portato dietro da questa giornata: il saper fare squadra, il saper fare territorio.
Perché alcune zone del Chianti Classico, negli anni, hanno acquisito una notorietà (e quindi, banalmente, hanno saputo scontare certi prezzi più favorevoli), mentre altre meno? Esistono sicuramente zone più vocate e zone meno, ma è questo il nostro caso? O forse ha concorso maggiormente, come ci insegna appunto Masnaghetti, la maggior volontà e capacità imprenditoriale in alcune zone, laddove l’imprenditorialità era, va da se, più illuminata?
Erano gli anni ’80, quando iniziarono ad uscire, acclamati dal mondo, i primi Supertuscan, i grandissimi vini che hanno trascinato dietro di sè tutto un territorio, un Chianti Classico che ha saputo farsi trainare, alcune zone che sono diventate un simbolo. Mi viene in mente Greve fra tutte.Il loro “fare territorio” è sicuramente stato, da questo punto di vista, incredibile.
Chiudo quindi con l’ultima riflessione: qual’è stato forse il primo, sicuramente uno dei più iconici Supertuscan, attualmente fra i più ambiti nei mercati internazionali? Il Tignanello, risposta facile. Da dove viene il Tignanello? San Casciano. Alzi la mano chi VERAMENTE ci aveva mai fatto caso.
Le degustazioni
I vini di San Casciano
- Cigliano di Sopra – Chianti Classico docg 2019: 100% sangiovese, un vino iconico della denominazione, veste il bicchiere di un rosso rubino, appare subito al naso come un vino che voglia essere bevuto e ribevuto, fresco, fruttato, classica ciliegia croccante; in bocca si conferma questa importante idea di freschezza e facile beva, i tannini sempre delicati, magro e verticale come lo immaginavo.
- Nunzi Conti – Chianti Classico docg 2019: anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un 100% sangiovese, ma, sebbene si tratti comunque di un chianti classico annata, si percepisce una volontà di spingere leggermente verso una maggior complessità. Permane la ciliegia, anche se le note sono leggermente più mature e si apre successivamente alla vaniglia, al sottobosco. In bocca l’acidità non è soverchiante, seppur rimane un vino fresco. La morbidezza spicca maggiormente, a scapito forse di una certa profondità e verticalità.
- Solatione – Chianti Classico docg 2016: qui il sangiovese la fa sempre da padrone, ma viene integrato con autoctoni toscani ed un saldo di 10% di merlot, che si riconosce. Gli anni in più che porta sulle spalle non tradiscono le aspettative di un vino sicuramente più maturo, tanto al naso, dove frutti rossi maturi, sottobosco e spezie emergono decisi, quanto al palato, dove la trama tannica è sicuramente più fitta, ma ormai ben integrata. Un Chianti classico annata che forse ambirebbe ad essere qualcosa di più, ma non vi riesce del tutto.
I vini di Verduno
- Fratelli Alessandra – San Lorenzo Barolo docg 2017: dalla collina di San Lorenzo nasce questo barolo molto elegante al naso, fine, dove emergono piccoli frutti di bosco, aprendosi quasi immediatamente a liquirizia, vaniglia, erba, fieno. In bocca mantiene la sua eleganza ed armonicità, i tannini setosi ed una complessiva e piacevole avvolgenza.
- Castello di Verduno – Massara Barolo docg 2017: prodotto dalla vigna Massara, appare subito più potente, pur mantenendo una finezza ed una armonicità importanti. Al naso spiccano le spezie e le note balsamiche, in bocca sicuramente troviamo un tannino con un maggior grip rispetto al precedente, un bel corpo ed un finale lungo.
- G.B. Burlotto – Monvigliero Barolo docg 2017: dalla vigna simbolo di Verduno, Monvigliero, questo raffinato barolo appare fin da subito al naso molto intenso e complesso. Aromi di tartufo fanno già presagire cosa troveremo in bocca, un vino di grande struttura e al tempo stesso molto elegante ed avvolgente, con un finale davvero lungo.