Winelivery – la App per bere vede la luce nel 2016 dal guizzo dei suoi fondatori, Francesco Magro, Rosandrea Antinori e Giovanni Roberto, che anche grazie a 3 operazioni di crowdfunding, hanno lanciato la loro attività imprenditoriale nel vino.
Ho avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Francesco, perché il progetto Pop bar mi ha molto incuriosita.
Francesco, perché aprire un Winelivery pop bar? Da cosa nasce l’idea?
“L’obbiettivo di Pop bar è quello di portare il brand anche in provincia. Per come è fatto il nostro modello di business, non è semplice arrivare nelle città più piccole con un “magazzino nascosto”. Oggi però ci ritroviamo con un brand che è molto conosciuto ma che non riusciamo a diffondere anche in provincia. Con Pop bar si riuscirà invece a fisicizzare Winelivery ed essere presenti anche in periferia. E’ un locale costruito per essere accogliente e far star bene le presone fungendo, al tempo stesso, anche come hotspot per le aree di consegna limitrofa.
Fammi un esempio.
“Sondrio: una piccola città dove non potremo essere presenti come consegna a domicilio ma riuscire invece ad esserci con il Pop bar, ci servirà anche per il delivery. A quel punto diventa sostenibile fin da subito riuscire a offrire il nostro servizio anche in aree dove prima non era possibile attuarlo.
Cosa troviamo dentro al Pop? Ho sentito parlare di ordinazioni fatte solo tramite l’App, di sommelier virtuale che consiglia i vini ai clienti, ecc…ci sono anche dei commessi in carne ed ossa?
“C’è assolutamente del personale, ma si occupa esclusivamente di coccolare gli ospiti e servire da bere. Quello che abbiamo provato a fare è stato eliminare le attività con scarso valore aggiunto, tentando invece di delegarle alla tecnologia. La presa dell’ordine viene fatta attraverso la App, il pagamento anche. Al suo interno c’è il sommelier digitale, appunto, ma aggiungeremo una serie di funzionalità che aumenteranno l’engagement col cliente, lo faranno divertire nella scelta del vino, ecc. Il personale presente ricopre la figura di tutor, che spiega al cliente come funziona la App e provvede poi al servizio del vino o dei cocktail. Nel bar di Milano abbiamo circa 250 etichette, insieme ad un assortimento di spirits, birre, amari e appetitosi taglieri per accompagnare l’aperitivo.
E’ possibile acquistare bottiglie al Winelivery Pop per degustarle a casa?
“Assolutamente sì, facciamo anche takeaway.”
La vostra intenzione è quindi quella di aprire altri locali su tutto il territorio nazionale: state valutando di inserirli anche nelle città che sono già coperte dal servizio di consegna?
“Non è escluso: in quel caso il Pop bar non fungerebbe da hub di delivery perché già presente un servizio più strutturato. L’obbiettivo è di aprirne 60 entro il 2024 e 14 entro quest’anno. Il prossimo, quasi ultimato, aprirà a Trani ed entro aprile ne vorrei avere 4 aperti, ci stiamo lavorando.”
Orari di apertura?
“Serale, non è caffetteria ma un puro winebar: 17.30-mezzanotte”
Credi che in qualche modo il Pop possa o possa essere stato paragonato al Tannico winebar di Milano?
“Ci si accorge subito che tra i due prodotti c’è una grandissima differenza: il nostro Pop è più “giovane”, più legato all’aspetto tecnologico come siamo noi. Da altri punti di vista potremmo sembrare meno wine oriented come invece è Tannico, che ambisce ad essere un punto di riferimento altissimo dell’enologia milanese. Noi invece vogliamo essere un posto figo e cool in cui si beve del buon vino. Credo che entrambi i locali fisicizzino le differenze che ci sono tra i due marchi”
Tu bevi vino, naturalmente: ti piace, lo conosci? Cosa preferisci bere?
“Sono un ottimo bevitore, non sono un grande esperto anche se dopo 6 anni di Winelivery, a forza di parlare con i produttori, tante cose le ho imparate. Bevo bene, ma non ho una grande cultura vitivinicola”
Nota a margine: Francesco mi confessa di essere uno champagnista. Come biasimarlo!
Secondo la tua esperienza ed il lavoro con Winelivery, dove stanno andando le tendenze dei consumatori, sia dei più giovani che si approcciano al vino per la prima volta, sia di esperti, cultori, professionisti?
“Quello che posso dirti è che il pubblico più giovane, la cosiddetta Generazione Z e oltre, è sicuramente interessato a ciò che sta dietro una bottiglia. Sono disposti anche a pagare qualcosa in più per il prodotto ma cercano storie, cercano quel dettaglio che distingua una bottiglia da un’altra. Motivo per cui poi viene scelto quel vino. Questo è un trend che da anni ha investito il mondo del vino ma anche del food. Riguardo invece ai boomers, i senior, per andare sul lato opposto, lì c’è una netta spaccatura tra chi beve un bicchiere di vino senza fronzoli e stop e per chi invece il vino è una grande passione, un culto, fino ad arrivare alla scelta di bottiglie particolari o metodologie di produzione complesse. Difficilmente un novizio sceglierà, ad esempio, un orange wine che non riuscirebbe ad apprezzare. Mi aspetto comunque che la quantità di vino consumata dalle nuove generazioni sia in lieve dimuzione ma, al contempo, si spenda qualche soldo in più. Insomma, più valore, meno volume. Suppongo che il settore che potrebbe perderci un po’ di più sarebbe la GDO, mentre i canali premium ne potrebbero beneficiare.”
A proposito di storie: secondo te si può andare verso una maggiore diffusione delle cosidette “etichette parlanti/realtà aumentata?”
Ci credo poco. Sono ormai anni che ci viene proposto questo concept e tecnologicamente non c’è ancora una resa di alto livello. Questo è il limite di ciò che abbiamo oggi a disposizione in termini di offerta di un prodotto del genere.
Vino in lattina: come lo vedi in Italia e su Winelivery o al Pop è già disponibile?
Sì, c’è già su alcune città, lo abbiamo testato. E’ un trend che fuori dall’Italia è vivo e in altissima crescita. Da noi potrebbe accadere, come per tante altre cose, che ci metta un po’ di più per affermarsi, oppure non trovare spazio affatto. Non so se potrà mai funzionare in Italia perchè qui il vino è cultura, storia… una lattina farebbe fatica a collocarsi tra le abitudini dei consumatori, forse. Il nostro paese non è mai stato pronto nemmeno al ready-to-drink del super alcolico.
Ringrazio Francesco Magro per il tempo che mi ha dedicato. Concludiamo la nostra chiacchierata con un appuntamento per un calice insieme al Pop Bar di Milano o magari a Firenze, se la mia città rientrerà nell’ambizioso piano di espansione della giovane start up.